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A Hong Kong via al processo per 47 attivisti pro-democrazia: è il più grande mai avviato per la legge sulla sicurezza nazionale

A Hong Kong via al processo per 47 attivisti pro-democrazia: è il più grande mai avviato per la legge sulla sicurezza nazionale

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PECHINO. Il più grande processo legato alla sicurezza nazionale ha preso il via oggi a Hong Kong, coinvolgendo quasi 50 figure di primo piano pro-democrazia, accusate di aver tentato di costringere il governo locale alle dimissioni, in un caso additato tra i clamorosi per stroncare il dissenso dato che gli imputati rischiano l’ergastolo. Diciotto imputati si sono dichiarati non colpevoli di fronte alle contestazioni di «cospirazione per commettere sovversione» a causa del coinvolgimento in primarie non ufficiali tenute nel 2020 nel campo pro-democrazia che avrebbero dovuto definire le candidature per le elezioni di rinnovo del Consiglio legislativo, il parlamentino locale.

Tra di loro, gli ex deputati Lam Cheuk-ting, Ray Chan, «Long Hair» Leung Kwok-hung ed Helena Wong, che hanno deciso di affrontare la giuria di tre giudici. Un totale di 29 esponenti democratici, tra cui l’ex professore di diritto Benny Tai e l’eminente attivista Joshua Wong, si sono dichiarati colpevoli e dovranno attendere la conclusione del processo dei loro coimputati per conoscere il verdetto a proprio carico. Prima dell’udienza, una piccola protesta è maturata fuori dal tribunale e ha visto diversi attivisti mostrare striscioni tra cui uno sul «rilascio immediato di tutti i prigionieri politici».

Secondo le autorità, l’obiettivo dichiarato del gruppo era di strappare il controllo del Consiglio legislativo e costringere alle dimissioni il leader della città, l’allora governatrice Carrie Lam. La maggior parte del gruppo ha già trascorso quasi due anni dietro le sbarre a causa di varie contestazioni tra cui la partecipazione a manifestazioni illegali e non autorizzate, nell’ambito delle proteste di massa del 2019 che agitarono l’ex colonia britannica. Quello odierno è il caso più grande finora ai sensi della legge sulla sicurezza nazionale che la Cina impose a Hong Kong a giugno 2020 in risposta alle grandi proteste. Pechino aveva definito la legge «necessaria» per frenare i disordini, con le proteste scaturite anche in violenti scontri tra gas lacrimogeni e scontri nel centro della città tra manifestanti e polizia. Mentre per i critici era solo una mossa per normalizzare l’ex colonia.

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, 2023-02-06 08:31:16 ,
www.lastampa.it

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