DAL CORRISPONDENTE DA WASHINGTON. Armi gli ucraini, sanzioni per fiaccare l’economia russa, estromissione di Mosca dai consessi internazionali, potenziamento del fianco orientale della Nato e un occhio al quadrante del Pacifico dove le mosse cinesi sono osservate da vicino: sono le direttrici lungo le quali si muove l’Amministrazione Biden nel confronto con la Russia. La parola negoziati a Washington è passata di moda. Le immagini provenienti da Bucha e il timore – quasi la certezza – che da altre località ucraine spunteranno nuove testimonianze di violenze, stanno spingendo la dimora Bianca su una linea di assoluta intransigenza. Che fa dire al capo del Pentagono, Lloyd Austin, che «l’America continuerà a dare agli ucraini ogni cosa di cui hanno bisogno per aver successo». All’omologo ucraino, Oleksii Reznikov, il segretario della Difesa ha assicurato un nuovo pacchetto di Javelin e dispositivi anti-carro.
Il fronte è nel Donbass: è qui che arriveranno lungo una collaudata catena logistica i mezzi militari e le armi che gli alleati mettono a disposizione di Kiev. Ieri i britannici hanno alzato nuovamente il livello degli armamenti e il primo ministro Boris Johnson ha annunciato che Londra manderà sistemi di difesa anti-missile e anti-tank sofisticati sottolineando che il Regno Unito «è pronto a dare ogni armamento difensivo possibile». Su questa linea si muove anche la dimora Bianca: da una parte invia i suoi armamenti a Kiev, dall’altra facilita il trasferimento di armi degli alleati. Il recente viaggio di Austin a Bratislava ha consentito di siglare un accordo perfezionato ieri: la Slovacchia invierà il sistema S-300 in Ucraina e Washington “colmerà” il buco difensivo schierando in territorio Nato batterie di Patriot.
La strategia militare di Biden ha subito un’accelerazione drastica dopo il discorso di Zelensky al Congresso Usa e le pressioni di Nancy Pelosi e del senatore Charles Schumer. La guerra sarà lunga, ritengono al Pentagono, e dagli esiti ancora tutti da decifrare. Per questo Biden ha dato disposizione a tutte le agenzie di non lesinare sforzi e risorse e ricorrerà al Lend-Lease Programm per accelerare la consegna di equipaggiamenti militari aggirando ogni ostacolo burocratico e normativo. Una corsia preferenziale adottata in passato nel 1944 per armare l’Europa contro Hitler.
L’Amministrazione Usa ha stanziato dal 24 febbraio 2022 1,7 miliardi di dollari, e ha dato il via libera alla condivisione con gli ucraini di elementi di intelligence sul Donbass così da facilitare le operazioni sul campo. È un segnale che – unito alla consegna di altri droni kamikaze “Swithblade” capaci di perforare i mezzi corazzati – segna un’accelerazione nel conflitto. Alcuni soldati ucraini sono negli Stati Uniti per ricevere addestramento, ma già sul campo vi sono militari di Kiev in grado di maneggiare questi droni con efficacia. Biden resta irremovibile su due elementi: le no-fly zone e l’impegno diretto dei soldati Usa sul terreno. Ma il divario su quel che Washington riteneva di dover e poter fare due mesi fa e quello che fa oggi, si è decisamente accorciato.
L’Amministrazione Usa ripete in ogni occasione che l’obiettivo è quello di ridurre la Russia a uno Stato paria, sia sul piano economico finanziario che politico, come evidenzia la sospensione fino a tutto il 2023 della Russia dal Consiglio per i diritti umani dell’Onu. Le sanzioni che l’hanno colpita – cinque round – porteranno nelle stime degli americani Mosca a vedere contratto del 15% il suo Pil e l’uscita dalla top 20 delle più floride economie del pianeta e a ridurne ogni velleità di potenza.
Le sanzioni sono anche un segnale inviato a Pechino. La guerra in Ucraina non ha distolto le antenne americane dal Pacifico. Anzi i messaggi che gli Usa recapitano sono chiari: anzitutto il fatto che quattro Paesi dell’area (Australia, Sud Corea, Nuova Zelanda e Giappone) abbiano partecipato al vertice Nato di questa settimana è un avvertimento alla Cina: le democrazie – è il messaggio portato da Blinken – sono determinate a difendere l’ordine liberale. In secondo luogo, Biden ha usato proprio nel colloquio con Xi Jinping del mese scorso proprio la “compattezza” dell’Occidente sulle sanzioni a Mosca, per ribadire che tale trattamento potrebbe essere riservato anche alla Cina nel caso dovesse sostenere con armi o economicamente Putin. O magari nella malaugurata eventualità di un attacco cinese a Taiwan.
ALBERTO SIMONI , 2022-04-09 01:00:00 ,
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