“Capi abbattuti e stalle chiuse, zootecnia di montagna in crisi per i rincari”
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In Trentino Alto Adige 30 allevamenti hanno chiuso i battenti, e l’ultimo contava 140 capi. Il combinato disposto tra rincari delle materie prime e dell’energia e della riduzione della produzione di latte (in questo caso già al 15%) sta facendo saltare i già fragili equilibri della zootecnia di montagna. La situazione delle due province autonome, infatti, è simile in tutto l’arco alpino, tanto che Giovanni Guarneri, coordinatore del settore lattiero-caseario di Alleanza cooperative, lancia l’allarme: «Purtroppo non è un caso isolato, gli effetti della pesante crisi economica stanno già provocando l’abbattimento di molti capi di bestiame e la conseguente chiusura delle aziende agricole. Adesso servono interventi di sostegno che inevitabilmente dovranno consistere in misure a favore della liquidità delle imprese e contributi utili a supportare la raccolta del latte, aspetto tanto strategico quanto critico nelle aree montane».
Che cosa sta succedendo? «Il camion per la raccolta del latte percorre tutto il territorio del Trentino due volte al giorno per andare a ritirare il latte dai nostri soci allevatori. Tutto questo oggi sta diventando insostenibile», spiega Stefano Albasini, presidente del Consorzio Cooperativo Trentingrana. Albasini racconta anche la scelta di non polverizzare il latte per trasformarlo in siero: «Non possiamo spendere 7500 euro per un prodotto che poi vendiamo a 5000 euro. Quindi adesso che abbiamo azzerato i ricavi provenienti da questa lavorazione i nostri allevatori, non riuscendo a trovare soluzioni alternative Proseguono a eliminare gli animali, per creare liquidità». Senza dimenticare che «la strada di trasferire l’aumento dei costi sui consumatori finali si è finora rilevato un boomerang: quando abbiamo provato ad alzare il prezzo del burro, le vendite sono subito crollate del 30%».
Non va meglio nel Bellunese: «Le cooperative che operano in montagna stanno facendo il possibile per pagare al meglio il latte ai propri soci in un momento in cui i costi del gasolio, degli imballaggi e della carta sono fuori controllo», raccontano i dirigenti della cooperativa Lattebusche che raccoglie il 90% del latte di quella provincia e che ha già tagliato del 6% la produzione. Anche la Latteria Valtellina in Lombardia è alle prese con un calo della produzione dovuto ad una costante riduzione del numero di animali allevati: «Se nella stalla non ci sono più gli animali, di sicuro non tornano. Quando un’azienda agricola di montagna chiude, è impossibile che riapra. Senza aziende viene però a mancare l’intero presidio del territorio».
Nel lungo periodo le previsioni sono tutt’altro che positive come spiegano i manager della latteria di Crodo, 20 soci allevatori che operano nella Val D’Ossola (Verbania): «L’aspetto sociale di salvaguardia del territorio andrebbe riconosciuto attraverso interventi che consentano la sopravvivenza di aziende che hanno anche un imprescindibile valore sociale».
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maurizio tropeano , 2022-10-05 17:40:19 , www.lastampa.it