«Diario» di Anne Frank, specchio di una vita vera
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il libro della mia vita
Mezzogiorno, 31 agosto 2022 – 10:21
La 13enne uccisa dai nazisti credeva «nell’intima bontà dell’uomo»
di Fuani Marino
Se dovessi individuare un titolo che ha influenzato la mia vita di lettrice prima e di scrittrice poi, dovrei tornare indietro di molti anni, alla pre adolescenza, quando dividevo ancora la camera con mio fratello minore, in attesa di conquistare l’indipendenza di quattro mura destinate solo a me. Quand’ero ancora più piccola volevo che mi si leggessero le fiabe, e qualche volta fingevo di leggerne a mia volta, attribuendo un significato a quei caratteri sulle pagine che mi erano ancora sconosciuti. Durante gli anni della scuola, poi, la lettura rappresentava solo un obbligo, non uno spazio in cui rifugiarmi e da cui trarre piacere. Questo fino a quando, all’età di dodici anni, non mi capitò fra le mani Diario di Anne Frank.
A incuriosirmi furono il titolo, credo, e la foto in bianco e nero del suo viso magro, lo sguardo all’obiettivo e il sorriso incerto. Aprii il libro e incominciai a leggere: in quel momento fu compiuto il miracolo. All’epoca, durante le scuole primarie non si parlava ancora di Olocausto, la stessa giornata della Memoria, volta a commemorare i morti del genocidio nazista, è stata istituita solo a partire dal 2005. La ragazzina tedesca, originaria di Francoforte sul Meno e nata come me sotto il segno dei Gemelli, si è configurata quindi ai miei occhi come una vittima della storia solo in un secondo momento. Di quel testo, lo comprendo soltanto adesso, mi affascinarono due aspetti: che a scriverlo fosse una mia coetanea, una ragazzina che, a dispetto dello stato di pericolo e deprivazione in cui versava, aveva sentimenti e sensazioni non molto distanti dai miei. E che si trattasse di un diario vero, per certi aspetti una autofiction ante litteram, molto prima che fosse coniato questo termine per quel genere che mette al centro l’autore con la sua vita senza filtri né eccessive distorsioni rispetto alla realtà.
In entrambe queste caratteristiche, Diario di Anne Frank è un libro senza precedenti: non esistono in letteratura altri diari di ragazze tredicenni pubblicati postumi. E la stessa condizione di segregazione in cui versava l’autrice mi faceva appassionare alla sua vicenda. Nonostante nel racconto dettagliato dei due anni trascorsi nascosti trasparissero le enormi difficoltà di una vita deprivata quasi di tutto, Anne Frank provava sentimenti ed emozioni in cui riuscivo a calarmi in pieno e questo, presumo, anche grazie all’uso della prima persona e alla forma diaristica, così lontana da qualsiasi artificio presente nei romanzi. Era un libro autentico, vero, per certi aspetti avanguardistico.
Ricordo ancora le prime pagine: è il 1942, Anne da molti anni vive in Olanda con i suoi genitori e sua sorella maggiore Margot. Riceve il diario come regalo di compleanno, e subito si rivolge a lui come a un confidente, finendo con l’attribuirgli addirittura l’identità di un’amica immaginaria: Kitty. «Spero che potrò confidarti tutto, come non ho fatto mai con nessuno, e spero che mi sarai di conforto», scrive, affidando al diario i suoi segreti e le sue aspirazioni. Anne, per fortuna, non può rendersi conto fino in fondo, vista la sua giovane età, della drammaticità di quanto l’aspetta. Dedica le prime pagine a una sorta di presentazione: se stessa, la propria famiglia, le compagne di scuola. Neanche un mese più tardi arriva la descrizione dettagliata della fuga all’interno del «nascondiglio»: «(…) ma dove saremmo andati, in città, in campagna, in una abitazione, in una capanna, quando, come, dove?… Tante domande che non potevo fare ma che lo stesso mi tormentavano. Io e Margot abbiamo iniziato a radunare lo stretto necessario dentro la cartella, la prima cosa che ci ho infilato dentro è stato questo quaderno cartonato, poi bigodini, fazzoletti, libri di scuola, un pettine, vecchie lettere, pensavo al nascondiglio e per quello ho riempito la cartella delle sciocchezze più assurde, e non mi rincresce, ci tengo di più ai ricordi, che ai vestiti. (…) Nessun ebreo nella nostra condizione si sarebbe azzardato a uscire di abitazione con una valigia piena di vestiti. Io avevo addosso 2 canottiere, 3 mutandine, un vestito, e poi gonna, giacca, giacca estiva, due paia di calze, scarpe chiuse, berretto e molto altro ancora, già in abitazione mi sentivo soffocare, ma nessuno se n’è curato. (…) Io ancora non sapevo dove fosse il luogo a cui eravamo diretti. (…) Delle impressioni a noi non importava niente, volevamo andarcene, soltanto andarcene e arrivare sani e salvi, nient’altro».
Comincia così una vita fatta di piccoli passatempi, in cui bisogna camminare in punta di piedi ed è vietato tossire di notte se si ha il raffreddore. Nonostante questo Anne non sembra annoiarsi, il nascondiglio le sembra quasi «una bizzarra pensione dove trascorrere una vacanza». Molti anni dopo, ormai diventata adulta, avrei visitato quello spazio angusto durante un viaggio ad Amsterdam, attirata dal nascondiglio, trasformato anni dopo in una abitazione-museo. Una visita che avrebbe suscitato in me un’enorme pena e una grande tenerezza per la piccola scrittrice costretta a scrivere in clandestinità le sue memorie, in cerca di una salvezza che alla fine non ci sarebbe stata. Anne sogna di scrivere, immagina un domani di poter fare la giornalista, intuisce il proprio destino prima ancora che questo si compia. È raro che si lasci andare allo sconforto. «È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie aspirazioni perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo che può sempre emergere», scrive. Dentro di lei un mondo intero palpita, è troppo giovane e piena di sogni per credere che la fine sia vicina. Durante i due anni trascorsi al riparo del mondo, Anne scopre il proprio corpo, e anche nell’alloggio segreto trovano posto batticuori e «sbaciucchiamenti» grazie a Peter Van Pels, il ragazzo che occupa con i Frank la abitazione sul retro. E se delle due famiglie sopravviverà solo il padre di Anne, la lezione di quest’ultima non smette di stupire e di commuovere.
31 agosto 2022 | 10:21
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