Iraq al voto, è sfida fra Stati Uniti e Iran
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Gli iracheni sono ai seggi dalle sette di questa mattina per le quinte elezioni libere seguite all’invasione americana del 2003 e alla caduta del sanguinario regime di Saddam Hussein. Il voto è stato anticipato di un anno in seguito alla rivolta dell’ottobre di due anni fa, quando migliaia di giovani sono scesi in piazza per protestare contro la corruzione, la crisi economica e lo strapotere delle milizie sciite vicine a Teheran.
La “rivoluzione” è stata repressa nel sangue, con oltre 900 manifestanti uccisi. Il sistema politico è rimasto bloccato, diviso in sette religiose e blocchi di potere. Tanto che la maggior parte dei giovani non sembra più credere alle elezioni e resterà a dimora, in un Paese dove il 60 % dei 41 milioni di abitanti ha meno di trent’anni. L’astensione potrebbe arrivare addirittura al 70 %, mentre nel 2018 aveva votato la metà degli aventi diritto. In lizza ci sono ben 167 liste e 3200 candidati, che si contenderanno i 329 seggi. I seggi chiuderanno alle sei di stasera e i primi risultati parziali sono previsti per domani. Il premier Mustafa al-Kadhimi è stato fra i primi a votare e spera di strappare una riconferma.
Tre blocchi sciiti, i sunniti e i curdi, chi sono i protagonisti del voto
A contendersi la maggioranza relativa in Parlamento sono tre gruppi sciiti, con i partiti sunniti e curdi in seconda linea per ragioni demografiche. Gli sciiti sono il 65 % della cittadinanza, i sunniti il 25 %, i curdi il 10. Il blocco favorito è quello dell’imam Moqtada al-Sadr, Sairun, cioè “in marcia”. Ha posizioni nazionaliste, sia anti-Usa che anti-Iran, e dispone della potente milizia Esercito del Mahdi. Il secondo blocco è quello di Fateh, guidato dal leader iracheno più vicino ai Pasdaran, Hadi al-Ameri, e appoggiato dalle milizie più estremiste dell’Hashd al-Shaabi, il cartello paramilitare sciita. È arrivato secondo nel 2018 e adesso punta al primo posto sull’onda emotiva dell’uccisione di Qassem Soleimani, che ha riacceso il sentimento anti-americano fra gli sciiti.
Fateh si oppone al movimento di protesta dell’ottobre 2019 e i suoi miliziani hanno ucciso centinaia di manifestanti. Il blocco sciita vicino ai “giovani rivoluzionari” è invece la Coalizione per lo Stato diritto, guidata dall’imam Ammar el-Hakim e dall’ex premier filo-Usa Haider al-Abadi. Punta a raccogliere lo scontento popolare, specie fra i giovani. Anche i sunniti sono divisi in tre blocchi. Uno filo-Usa, il movimento Taqaddom, guidato dall’attuale presidente del Parlamento Mohammed al-Halbousi. Poi c’è il gruppo filo-Qatar, Azn, del miliardario Khamis el-Khanjar, sotto sanzioni americane per le sue ambiguità nei confronti dei gruppi jihadisti. Infine c’è il filo-turco Oussama el-Nujaifi, che guida i sunniti di Mosul. I curdi sono divisi invece in due grandi partiti. Il Kdp del clan Barzani, filo-Usa e padrone delle province di Erbil e Dohuk, e il Puk filo-iraniano del clan Talabani, che domina la provincia orientale di Sulaymaniya. L’incognita sono i candidati indipendenti, spinti soprattutto dai giovani rivoluzionari, che si auto-definiscono “tishrini”, da “tishrin”, ottobre, e hanno occupato di nuovo piazza Tahrir, epicentro della rivolta di due anni fa.
LIBIA
Migranti in fuga e scontri fra milizie, caos a Tripoli. A due mesi e mezzo dalle elezioni previste per il 24 dicembre, Tripoli vive un nuovo periodi di tensioni. Il ministero dell’Interno ha lanciato un giro di vite nei confronti di migranti e piccola criminalità, che però ha finito per irritare altre milizie che controllano parti della capitale. Prima c’è stata un’enorme retata di migranti africani, con cinquemila arresti. Sono stati portati nei famigerati centri attorno a Tripoli ma è scoppiata una rivolta in quello di Al-Mabani. Sei detenuti sono stati uccisi dalle guardie ma almeno duemila sono riusciti a fuggire. Sono scattate altre retate. Il ministero dell’Interno ha poi preso di mira i rivenditori di alcolici clandestini e ne ha arrestati a decine nella zona dell’aeroporto. Quattro erano però sotto la protezione della potente Brigata 301 di Misurata. I miliziani hanno assaltato la sede della milizia legata al ministero dell’Interno e negli scontri ci sono stati decine di decessi e feriti fra la sera di venerdì e ieri.
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giordano stabile , 2021-10-10 10:32:04 ,
www.lastampa.it