Il 21 novembre del 2013, Piazza indipendenza a Kyiv si riempì di manifestanti: era l’inizio della protesta che abbiamo conosciuto come Euromaidan, e ieri l’Ucraina in guerra – l’aggressore oggi come allora è sempre la Russia di Vladimir Putin – ha celebrato il giorno della dignità e della libertà, ricordando i morti della repressione. Stavamo scrivendo un nuovo capitolo della storia del mondo, ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, “senza nemmeno saperlo”, e ancora oggi lo stiamo facendo. In quella piazza gelida le bandiere europee ci fecero una grande impressione. Lo fanno ancora oggi, ma nove anni fa un popolo che manifestava per avvicinarsi all’Unione europea, che scriveva sui cartelli “No Putin no cry”, che dormiva nelle tende nel ghiaccio, che riuscì a far scappare in poco tempo, con la pressione che i cecchini non riuscivano a fermare, l’allora presidente filorusso Viktor Yanukovich, era di una potenza sconvolgente, che pure non capimmo. O forse l’inconsapevolezza possiamo attribuirla agli ucraini, i protagonisti di questa storia, ma di certo non a noi, che guardavamo con cautela quella protesta, timorosi della reazione della Russia.
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Il Foglio , 2022-11-22 06:00:00 ,
www.ilfoglio.it