L’età del narcisismo ha contaminato anche l’universo della scrittura. I romanzi sono sempre più spesso storie di vita narrate in scala 1:1. Nei giornali si affollano rubriche e articoli fondati sul racconto di sé, sulla narrazione in chiave ironica, sarcastica, a volte vittimistica, spesso intimistica, di vicende personali. Anche la politica, nel caso specifico la scrittura dei politici, parla la lingua dei selfie. Mai come in questi ultimi dieci anni il mercato editoriale è stato invaso da autobiografie di protagonisti della politica intenti a raccontare i dettagli intimi della propria storia familiare e le emozioni che hanno scandito le singole tappe della loro vita, molto più che non le loro proposte politiche. Un pubblico ormai assuefatto al voyeurismo digitale ne rimane affascinato, forse intrappolato, sicuramente intrattenuto. Romanzieri, giornalisti, politici, ciascuno di loro, come del resto ciascuno di noi, si sente legittimato, in nome di una fantomatica connessione empatica con il suo pubblico, a ritenere il proprio banale vissuto quotidiano come qualcosa di speciale da raccontare all’universo mondo. E la storia? Come reagisce la pratica storiografica al narcisismo del nostro tempo?
Abbonati per continuare a leggere
Sei già abbonato? Accedi Resta informato ovunque ti trovi grazie alla nostra offerta digitale
Le inchieste, gli editoriali, le newsletter. I grandi temi di attualità sui dispositivi che preferisci, approfondimenti quotidiani dall’Italia e dal Mondo
Il foglio web a € 8,00 per un mese Scopri tutte le soluzioni
OPPURE
Giorgio Caravale , 2022-11-28 12:16:00 ,
www.ilfoglio.it