O il ritorno al Viminale o la Lega fuori dal governo: sarebbe questa l’estrema minaccia del fu Capitano. I due leader si incontrano a Roma: un faccia a faccia tra mille diffidenze. E intanto parte il logoramento del Carroccio nei confronti di FdI: “Gli italiani vogliono una svolta, non la continuità con Draghi”. Il nodo del rigassificatore di Piombino: “Noi saremo contrari”, dice Borghi
Che ieri pomeriggio l’abbia posta sul tavolo dell’ufficio di lei, la pistola di cui tanto si parla, non è dato sapersi. Né è facile stabilire se, quando anche l’avesse fatto, quella pistola sarebbe risultata scarica. Sta di fatto che lei, cioè Giorgia Meloni, alla minaccia di lui, che è Matteo Salvini, deve crederci, un po’, per quanto apparentemente surreale. E infatti i suoi confidenti la valutano, quella prospettiva, la soppesano, ne studiano la consistenza. Insomma il ricatto sarebbe questo: “O faccio il ministro dell’Interno oppure darò l’appoggio esterno”. E’ questa, dunque, la mina posta dal capo della Lega sul cammino che dovrebbe condurre la leader di FdI a Palazzo Chigi? Inutile chiederlo ai diretti interessati. Salvini, giacca e camicia delle occasioni importanti, lascia l’ufficio della Meloni con un viso enigmatico e poca voglia di parlare. Il vecchio espediente della telefonata da prendere al volo per eludere i cronisti, s’infila in un ascensore e poi fila via.
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