Perché la bocciatura di McCarthy al Congresso Usa mette in crisi il partito repubblicano?
[ad_1]
WASHINGTON. Per la prima volta in cento anni per eleggere lo Speaker della Camera serviranno più di tre tornate elettorali. L’uomo che avrebbe dovuto picchiare il “gavel” (martelletto) e guidare il Congresso per i prossimi due anni, Kevin McCarthy, ha trovato nell’opposizione di venti deputati uno scoglio che sia nelle tre elezioni di martedì sia mercoledì nella quarta, nella quinta e nella sesta, votazione è stato insormontabile.
Servono al deputato californiano rappresentante di Bakersfield 218 “sì” per diventare Speaker, nelle prime votazioni in 19 compagni di partito gli hanno votato contro, nella terza sono stati 20. Nella quarta, nella quinta e nella sesta i venti voti contro McCarthy sono convogliati su Byron Donalds della Florida.
La posizione di McCarthy di voto in voto è meno salda. Nella notte è stato un via vai di pony express del food nelle stanze del Congresso e nelle zone adiacenti; ci sono state riunioni, cenacoli nel tentativo di superare lo stallo. Ma comunque vada – se McCarthy cedesse alle condizioni dei rivoltosi, oppure spuntasse un altro nome per la carica di Speaker – quanto successo al Congresso avrà conseguenze importanti per il Partito repubblicano e di riflesso per gli equilibri fra i partiti e nei rapporti con la dimora Bianca.
Anzitutto il Partito repubblicano (Gop, Grand Old Party, nome che oggi appare bizzarro), non è più quella “big tent” la grande tenda dei tempi di Reagan che accoglieva istanze, idee, visioni diverse da cui poi emergenza una sintesi politica e di interessi.
Basta scorrere l’identikit dei 20 anti-Kevin: ci sono 5 nuovi membri della Camera, gli altri 15 sono veterani a diverso titolo. Andy Harris proviene dal Maryland, Mary Miller dall’Illinois: gli altri 18 sono tutti di Stati del Sud, del Midwest o della fascia Colorado-Texas. Dodici secondo la conta del New York Times, 18 secondo quella del Washington Post, sono “election deniers”, ovvero ritengono che nel 2020 Biden abbia “rubato” la vittoria a Trump nonostante i 7 milioni di voti in più e i 74 grandi elettori in più.
Il dato più interessante però è che i 19 sono tutti membri dell’House Freedom Caucus, il movimento più a destra dell’intera galassia repubblicana alla Camera. Il ventesimo, Jim Jordan (Ohio) si è aggiunto ai “rebel” nell’ultima tornata di martedì ed è fra i fondatori del caucus ed è colui che ha raccolto i voti degli altri 19 nell’ultima tornata. Più che un sostegno al deputato dell’Ohio (che non ha i numeri per diventare Speaker) un chiaro segnale ai maggiorenti del Gop.
Attenzione: diciassette di questi anti-Kevin hanno ricevuto l’endorsement di Trump nelle recenti Midterm. Eppure, e questo è un fattore ancora da analizzare, il tycoon mercoledì mattina ha fatto un appello su Truth di votare compatti McCarthy, suo vecchio alleato e che ha legato in passato la sua ascesa ai vertici del Gop alla presidenza di Donald Trump. C’è insomma una parte dentro il Gop che sembra – almeno in questa partita – molto più radicale di Trump. Il ruolo dell’House Freedom Caucus quindi in una dinamica alla Camera dove i repubblicani hanno una maggioranza per appena quattro seggi, sarà determinante nei prossimi anni. E questi venti “rebel” sono i più ostili a cedere a qualsiasi intesa con la dimora Bianca su qualsiasi tema. Sono invece pronti a lottare per mettere in piedi commissioni d’inchiesta e indagine su molti temi, due su tutti: il rapporto fra Hunter Biden l’Ucraina e i suoi guai con il fisco; e il ritiro dall’Afghanistan.
L’immagine dei venti “rebel” fa da forte contrasto con quella che proietta il presidente Biden che è volato in Kentucky per un discorso volto ad esaltare il piano infrastrutturale Usa varate grazie a un consenso bipartisan. Con lui infatti c’è Mitch McConnell, leader repubblicano al Senato. La pattuglia dei repubblicani di estrema destra al Senato è meno nutrita rispetto alla Camera ma soprattutto non avendo il Gop il controllo del Senato, gli elementi più estremisti avranno meno spazi di manovra e visibilità. Biden prima di salire sul Marine One si è detto preoccupato per l’immagine che la disfida alla Camera proietta in America. “Quanto accade è imbarazzante”, ha detto Biden.
.
[ad_2]
LEGGI TUTTO
alberto simoni , 2023-01-04 17:22:16 ,
www.lastampa.it