Product Description
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Nel momento in cui la storia siciliana si fa storia italiana, De Roberto affonda con gelido distacco il suo bisturi nel “decadimento fisico e morale di una stirpe esausta”, e se ne serve per rappresentare la cancrena di un’intera nazione. Il racconto si svolge tutto fra un testamento e un comizio: il primo apre il romanzo, testimoniando l’antico familismo feudale, il secondo lo chiude, dando voce alla mistificazione risorgimentale, al trasformismo, alla demagogia della nuova politica. Saranno le parole dell’ultimo erede della famiglia a segnare la pace fatta tra vecchio e nuovo: “Ora che l’Italia è fatta, dobbiamo fare gli affari nostri”.
ASIN : B0067BH3BA
Editore : BUR (19 gennaio 2011)
Lingua : Italiano
Dimensioni file : 1834 KB
Da testo a voce : Abilitato
Screen Reader : Supportato
Miglioramenti tipografici : Abilitato
Word Wise : Non abilitato
Memo : Su Kindle Scribe
Lunghezza stampa : 706 pagine
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I Vicerè
Mi è piaciuto molto perché descrive la mentalità della Nobiltà siciliana anche perché io mi sento un po’ coinvolta in quanto la mia nonna paterna era figlia del Barone Costarelli di Acireale. Il mio bisnonno aveva avuto cinque figlie femmine e l’unico aborto maschio era stato messo in un contenitore di vetro ripieno di un conservante, come accade nel libro. Spiega bene il concetto che avevano di mantenere il capitale sia di terre che di denaro nelle mani del primogenito, a discapito degli altri figli che spesso erano costretti alla vita ecclesiastica o che non avevano il permesso di prendere moglie. Alle femmine poi era indicata fin da piccole la vita monacale o veniva loro data la minima dote possibile. Conseguenza di ciò la vita di gozzoviglie e di lussuria nei monasteri. Mi piace molto anche la parte storica del libro la descrizione dell’arrivo dei Garibaldini e l’idea dell’unità d’Italia non da tutti ben vista, ma da molti desiderata.
Come si è sviluppata La Casta un secolo e mezzo fa in Sicilia
E’ una lettura impegnativa per le dimensioni, per il linguaggio di fine ‘800 e infine per il procedere lento degli eventi, soprattutto nella prima metà del romanzo.Ma è anche una lettura ricca che fotografa con grande efficacia il modo di vivere di una famiglia dell’alta nobiltà siciliana: grande alterigia e arroganza verso tutti quelli di censo due gradini più basso, per non parlar del popolo. Quelli di un solo gradino più basso invece sono indispensabili per sentirsi superiori.La famiglia si propaga nel tempo sulla linea del primo maschio: l’unico maschio che può sposarsi e che eredita il titolo nobiliare e quasi tutte le proprietà . Questa regola iniqua lascia molti insoddisfatti con cui si innescano tensioni, litigi e partiti in lotta tra loro all’interno della famiglia.Quasi tutti si occupano di spendere le loro rendite e di litigare tra loro; solo alcuni, non per vocazione, ma come strumento per sopravanzare gli altri, cercano di far fruttare i propri possedimenti. A volte riuscendoci, a volte dissipando.In generale il lavoro è precisamente quell’attività che dimostra la mancanza di status: oggi diciamo che “nobilita l’uomo”, allora era esattamente il contrario. E anche lo studio erasullo stesso piano: studiare è già un passo per poi lavorare. Viceversa l’analfabetismo era quasi la dimostrazione di non aver bisogno di nulla dal mondo esterno, tanto un nobile ne aveva di suo.Poi arriva in Sicilia Garibaldi, il clero paga un forte scotto, i nobili meno perché rimangono comunque rispettati e venerati dal popolo.Quando arrivano le elezioni allora cambiano i meccanismi, ma è stupefacente come continuino a non cambiare le persone. Consalvo, che ha capito bene i cambiamenti in atto, li sfrutta per mantenere, con il voto invece che con il censo, la sua posizione dominante, e anzi per accrescerla. Per far questo non propone degli ideali suoi, ma sceglie le argomentazioni che gli convengono a seconda dell’uditorio; per il resto sfrutta la sua abilità retorica e l’ampia infarinatura culturale che si è appositamente costruito, dopo una gioventù spesa tra mille eccessi e alcune nefandezze.Se quello che ci racconta De Roberto rappresenta in modo veritiero la trasformazione della classe dominante in Sicilia passando dal regno borbonico all’Italia unita, ecco spiegata la situazione attuale, che ha continuato sulla stessa impronta e si è estesa in tutto il Paese (non necessariamente dal solo focolaio siciliano).Due suggerimenti per chi si accinge alla lettura de I Vicerè:1) il primo capitolo è volutamente caotico e nel secondo il turbiniio di nomi e parentele è impossibile da seguire. Non scoraggiarti: il terzo capitolo descrive ordinatamente ciascun personaggio e si inizia a capire qualcosa.2) su wikipedia può trovare l’albero genealogico degli Uzeda, molto utile per orientarsi ([ … ])
Ogni italiano dovrebbe aver letto libri così
Impegnativo e formativo, così sento di descrivere questo bel romanzo che aiuta a conoscere meglio un passato che troppo spesso cataloghiamo con stereotipi dati per scontati.
Manicomio Italia
Secondo il prof. Vittorino Andreoli, psichiatra di chiara fama, “L’Italia è un Paese malato di mente”.Federico De Roberto, con I Viceré, ce lo spiega, brutalmente, dal punto di vista storico. Il germe dell’italica follia è tutto in questo straordinario affresco ottocentesco -una saga vera e propria- in cui la capitale, anziché Roma, è Catania, e le dentate scintillanti vette non sono più le Alpi, ma le cime dell’Etna.Tutto sommato poco importa se la forma repubblicana, oggi, ha sostituito quella monarchica: in ogni manicomio che si rispetti un sedicente Napoleone non manca mai.———-“Al museo dei Benedettini c’era infatti un altro aborto animalesco, un otricciuolo con le zampe, una vescica sconciamente membrificata; ma il parto di Chiara era più orribile. Don Lodovico non rispose; fatta una breve visita alla sorella, andò via. Anche gli altri a poco a poco se ne andarono, lasciando Chiara sola col marito a guardar soddisfatta quel pezzo anatomico, il prodotto più fresco della razza dei Viceré”.
Meraviglioso
Conoscendo la trama avevo timore di leggere un libro bello, ma ostico. Invece il libro non sembra scritto da un autore ottocentesco e non ha quel pessimismo tipico dei veristi, avvince subito dalle prime pagine e non si vede l’ora di arrivare alla fine per vedere il grande affresco finito. La narrazione è di grande impatto emotivo, i dialoghi descritti sono talmente vividi da sembrare veri, la psicologia dei personaggi è talmente profonda, che anche il più piccolo personaggio è un ritratto a sé, ho trovato molti punti in comune con Pirandello soprattutto la stessa ironia salace. Mi ha fatto capire, anche se è solamente lo sfondo nel quale i viceré vengono raccontati, quel periodo storico senza abbellimenti retorici e con una denuncia nemmeno tanto velata a ciò che è stato fatto con il sacrificio di molti. Sono rammaricata di non averlo letto prima.
Ottima caratterizzazione di personaggi e situazioni. Un romanzo moderno e dinamico al di là dei suoi centocinquant’anni. De Roberto tiene sempre in mano il filo della narrazione.