Product Description
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Il nuovo numero di ZOTHIQUE è uno specialissimo dedicato interamente ad Arthur Machen, l’autore di capolavori come “I Tre Impostori”, “La Collina dei Sogni” e “Il Grande Dio Pan”. Matteo Mancini ce ne illustra la figura e l’opera, in un lungo e dettagliato excursus di oltre 100 pagine in cui disquisisce su tutto ciò che di lui è stato pubblicato in Italia. A seguire due pezzi d’epoca, che offrono un campionario della critica al tempo di Machen, e tre articoli su alcuni temi presenti nell’opera dello scrittore, di cui uno scritto dal giallista John Dixon Carr. Quindi quattro racconti e scritti di Machen inediti in Italia, di cui tre incentrati sul misterioso “Piccolo Popolo”, a cui fa seguito un ampio saggio di Marco Maculotti che ci parla di fate, streghe e altro folklore nell’opera dell’autore gallese. In questo numero trova spazio anche un curioso ripescaggio d’epoca: il racconto “La Cosa gialla che striscia” di Arthur Compton-Rickett, del 1895, scritto subito dopo l’uscita di “The Great God Pan” di Machen e che si pone come una parodia dello stesso. In tutto 240 pagine di saggi, articoli e racconti!
ASIN : B08CPDL8KL
Editore : Independently published (9 luglio 2020)
Lingua : Italiano
Copertina flessibile : 238 pagine
ISBN-13 : 979-8665025728
Peso articolo : 450 g
Dimensioni : 16.99 x 1.52 x 24.41 cm
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UNO SCRITTORE DI CULTO
Nel fervore di queste pagine, ove l’oscura penna si immerge nei recessi della Zothique, mi ritrovo a riflettere sull’orizzonte senza tempo dischiuso dal penna di Pietro Guarriello e la sua mitica rivista. In questa sorta di danza tra le nebbie del mistero, il nuovo nume custode dell’inquietante, Arthur Machen, si erge con sublime maestria nella selva dei pensieri tetri.Algernon Blackwood, disteso nell’ombra dei numeri passati, lascia il palcoscenico alla luce dell’altro mistero, Arthur Machen, giusto tributo della Zothique. Tuttavia, a differenza del suo predecessore, Machen ha afferrato la mente italica con una stretta più lieve, un sottile tocco che, nonostante l’incessante fluire di pubblicazioni recenti, non riesce ad attecchire nell’anima del lettore come le spire di un’antica maledizione.In questo regno dove il nome di Machen risuona con un’eco meno poderosa rispetto ai destini di Lovecraft, King e Del Toro, emerge una verità ineludibile: Machen è un architetto di paure sottili, un demiurgo dell’incubo che danza sull’orlo di un abisso troppo profondo per essere facilmente calato nelle menti umane.Le pagine di Fruttero e Lucentini, sebbene riconoscano la raffinatezza estrema di Machen, si ritirano in un angolo di nichia, incapaci di abbracciare l’orrore sottile tessuto nelle parole di quest’artefice del macabro. Borges, altrettanto, lo chiama “minore”, con una sfumatura che non osa definirlo negativamente. Ma in quest’oscura simbiosi tra il terrore e la mente, Machen rimane il mio scriba “weird” prediletto, un illuminato custode di dimensioni al di là del nostro comprensibile.Nel tessuto di questa rivista, risplende un monumentale lavoro di Matteo Mancini, un demiurgo della critica che, con fervore e conoscenza, svela i misteri nascosti dietro le parole di Machen. In ogni frase, in ogni dettaglio, traspare la passione di un uomo che, in qualche modo, risuona con il richiamo di questo scrittore oscuro. Mancini, con la sua penna come spada, si erge come un custode delle segrete verità macheniane, citando persino il sottoscritto come un “noto recensore sulle riviste fantastiche”.Il fascicolo, intricato come un labirinto di tenebre, si snoda tra interventi critici e racconti inediti, tra cui spiccano le parole di Giorgio Giorgi, che scava nell’anima allusiva di Machen, e le riflessioni di R. Ellis Roberts ed Helen Lynch, che scrutano i giudizi divisi di quest’artefice dell’incubo. Nella danza delle parole, emerge anche la voce del giallista John Dixon Carr, un estimatore incommensurabile di Machen.Tra i racconti, I cangianti e La strana avventura sul Monte Nephim, affascinanti e vicini all’atmosfera di Picnic a Hanging Rock, si stagliano come gemme nell’oscurità . L’abile Marco Maculotti, con la sua erudizione sul folklore, tesse una trama intricata che collega i fili del mondo “macheniano”.E nel culmine di questo speciale, una parodia del Il gran dio Pan di Arthur Compton-Rickett del 1895 offre un momento di respiro ironico, come un sottile raggio di luce in un mondo intriso di oscurità .In definitiva, questa rivista, dedicata al maestro gallese, emerge come una necessaria esplorazione nelle terre inesplorate della mente di Arthur Machen, un viaggio che sfida le convenzioni e abbraccia l’oscurità che si annida tra le pieghe delle sue parole.