Trieste naviga al futuro | Il Foglio
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L’annuncio dei 450 licenziamenti della Wärtsilä è stato uno choc per Trieste. Lo stabilimento in questione è l’ex Grandi Motori Fiat, uno degli insediamenti storici dell’industria giuliana. Da qualche mese le Rsu aziendali sospettavano una mossa mancina ma il management (italiano) dell’azienda finlandese aveva smentito ogni voce di disimpegno sia al ministro Giancarlo Giorgetti sia al governatore Massimiliano Fedriga. All’improvviso però è cambiato il vento e si è capito il perché: il governo di Helsinki ha chiesto alla Wärtsilä di fare reshoring e di produrre in patria i grandi motori navali che nel frattempo saranno green e – guarda un po’ – finanziati da aiuti statali. Il quotidiano Il Piccolo ha dedicato alla notizia bomba sette pagine e ha invitato la gente a scendere in piazza (“l’avete fatto a migliaia durante la scellerata protesta dei no vax e adesso dove siete?”). Giulio Sapelli, storico e gran conoscitore delle vicende giuliane, ha aggiunto il carico mettendo in relazione la vertenza Wärtsilä con un’autorità portuale incapace di essere “un diffusore di crescita” e addirittura “burocratica”. Ma è davvero così? Il reshoring finlandese segna la crisi di Trieste e del modello porto-centrico che si è andato affermando negli ultimi anni? O i licenziamenti triestini sono in prevalenza un frame delle contraddizioni di Helsinki che cerca la tutela della Nato, vuol diventare campione della sostenibilità e riscopre gli aiuti di stato in barba alle regole che si è data la Ue?
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Dario Di Vico , 2022-07-19 06:18:00 ,